giovedì 28 gennaio 2016

Non vali una H


Oggi pomeriggio eravamo nella scuola primaria di San Giuliano per un progetto rivolto ai bambini ed alle bambine della classe seconda. La maestra ci aveva chiesto di progettare un lavoro sui sentimenti in continuità con la programmazione dell’intero anno scolastico. Abbiamo scelto di utilizzare l’Alfabeto dei sentimenti di Janna Cairoli e Maria Luce Possentini come cornice di un pomeriggio dedicato alle parole per nominare, raccontare ed esprimere emozioni, ricordi ed esperienze. Per ogni lettera dell’alfabeto una poesia e un’illustrazione che narrano ed evocano vissuti e ci aiutano a trovare le parole per esprimerci. Ad ogni carta abbiamo deciso di affiancare anche un libro, una storia, uno stimolo per aiutare i bambini a parlare della loro vita.
Alla L di libertà abbiamo affiancato Io sono Adila di Fulvia Degl’Innocenti con le illustrazioni di Anna Forlati, per parlare della privazione della libertà e della negazione del diritto allo studio.
Alla Q di quiete abbiamo affiancato L’onda di Suzy Lee, una bambina che incontra il mare, prima osservato curiosamente dall’esterno, poi sfiorato timidamente e infine “giocato” fra spruzzi e scherzi.
Alla S di solitudine abbiamo affiancato Marcellino di Jean-Jacques Sempé, una storia di esclusione, brillantemente risolta grazie all’amicizia.
Alla H de l’importanza della H, abbiamo affiancato James e la pesca gigante di Roald Dahl. James Henry Trotter a forza di sentirsi dire che non vale niente ha davvero perso la fiducia in se stesso. Zia Stecco e zia Spugna gli ripetono in continuazione che è una nullità, un incapace e nonostante il suo impegno James non vede mai riconosciuti i suoi talenti. Riuscirà a liberarsi solo quando troverà qualcuno capace di credere in lui e nelle sue capacità.
I bambini costruiranno assieme alla maestra un alfabetiere inedito ispirato a quello che gli abbiamo mostrato oggi pomeriggio. Troveranno altre parole per raccontare chi sono, cosa provano, cosa desiderano.
Noi abbiamo pensato che le classi coinvolte nel progetto Il grande gigante soffia sogni, potrebbero realizzare un alfabetiere ispirato all’opera di Roald Dahl, sarebbe un lavoro divertente, alla ricerca di immagini e parole per raccontare il grande gigante generoso.
Noi intanto abbiamo iniziato a creare il nostro…
A come Agura Trat
B come  Boggins, Bunce e Bean
C come cetrionzoli
D come Dalverme
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Elena, Anna, Barbara

lunedì 25 gennaio 2016

Incontro con la poesia


“… nella sospesa calma della stanza le parole sgorgavano facilmente, formavano una frase armoniosa, poi un’altra: ma spesso, quando facevo per ripeterle assieme, già avevo dimenticato la prima e allora gli occhi mi si riempivano di lacrime, tremavo rabbiosa, e trattenevo il pianto solo nel timore d’essere scoperta; non potevo confessare di aver perduto in me quelle frasi che forse ad altri sarebbero apparse vuote e sconnesse. A me, invece, sembravano incantevoli anche perché mi sollevavano un poco da quell’incubo che avevo nel petto”.

Sono parole di Alba de Cèspedes, contenute in un racconto che ho riletto in questi giorni sfogliando lo straordinario numero uno di "mercurio dei piccoli", rivista di critica sulla letteratura per l'infanzia edita dalla libreria Giannino Stoppani, nata nell'anno duemiladue. 

È un racconto a cui non pensavo da un po' e che amo moltissimo: tanti anni fa, quando a Milano ho riordinato l’archivio di questa straordinaria scrittrice, ho avuto la fortuna di conoscerlo leggendolo in versione dattiloscritta. In questo brano, l'autrice esprime con la delicatezza e intensità che le sono consuete quanto sia difficile ascoltare la propria voce interiore e tradurre l’esperienza della crescita con le parole giuste.

La piccola Alba, un giorno, decide di registrare le belle parole che le zampillano in testa così rapidamente, prende carta e matita dalla scrivania e si accomoda in un divanetto di seta celeste, sotto la finestra:

“In fretta scrissi, con i miei caratteri ancora incerti e approssimativi; e però scrivere non era faticoso come a scuola: i miei pensieri disegnati sulla carta, sembravano uccellini chiusi in una rete. […] Quando ebbi scritta l’ultima frase sul foglio strettino, soddisfatta, lo guardai; compresi allora, dal modo nel quale le frasi erano disposte, che avevo scritto una poesia”.

Quando si prova a lasciare traccia scritta del proprio io, anche il foglio può incresparsi, produrre pieghe e onde che condizionano i discorsi, rendendoli ancor più irregolari, sconnessi. Ma un tipo di scrittura breve, epigrammatica, può aiutarci a restituire alle incerte parole forma e sostanza, suono e colore.
Per questo, oggi, nel nuovo incontro di Diario di volo, ho scelto di organizzare un primo appuntamento con la poesia. E’ un appuntamento al buio, con uno straordinario strumento capace di mettere al centro la pienezza dell'io narrante ed esprimere la totalità dell’esperienza. La poesia è un linguaggio in grado di divenire totalmente autobiografico, favorendo un’armoniosa riconciliazione tra la carta e la parola.

Dentro ogni poesia, ci dice Toni Mitton, c’è un passaggio segreto:

Tu forse non lo vedi
ma è indubbio che ci sia.
C’è una piccola leva
dietro questa parola.
Afferrala deciso,
tirala una volta sola.
Si aprirà un varco su una scala nascosta
Che scende giù in basso…
Chissà dove porta?
Un buio d’inchiostro
avvolge le scale
Prendi una torcia,
potresti inciampare.

Quando trovi quel passaggio, quella porta che si apre con un lamento, e quando ancora incerta, un po’ timorosa, decidi di entrare, ti aspetta

un universo stipato
di tutte le cose
che hai mai sognato.


Il nostro appuntamento con la poesia, dunque, è il passaggio attraverso una magica porta che ci aiuta ad accostarci a noi stesse, a entrare in contatto con parti profonde di noi, è una chiave d’accesso a tutto ciò che abbiamo vissuto, che è rimasto scritto dentro di noi e che adesso può essere messo su carta.


Ma come si fa? Ci viene in aiuto Silvia Vecchini:

Si parla sottovoce, si scrive come viene
si dice un poco, il resto si trattiene.

E come scegliere cosa lasciar uscire? E’ ancora Silvia che ci dà un’idea:

ci vuole un apriscatole,
una chiave a stella,
poi basta una frase
e sei proprio tu, sei quella.

Ogni cosa è poesia e può raccontare pezzi tangibili di vita, ricordi di famiglia, momenti d’essere. La voce interiore all’inizio può sembrare banale, ma poi lascia che vediamo il suo bagaglio di preziose sfumature. Quando quella voce esce, si trasforma in altro, si cristallizza e svela parti di noi.

Alba de Cèspedes, scrivendo la sua prima poesia, si sente pallida e, insieme, ardente di febbre, irrequieta, debolissima; la testa le ronza. “E’ una malattia grave” – pensa – “forse la morte”.
Ma l’incontro con la poesia segna invece proprio il principio della sua vita, quella da scrittrice: intensa e appassionata, la sua penna riempirà pagine in cui si fonderanno esperienza vissuta e immaginario poetico.

Oggi, per le ragazze di casa Thevenin, quello con la poesia è stato l'incontro con un efficace strumento per riconoscere di essere ricche di cose da dire e raccontare, la scoperta di un mezzo per esprimere i bisogni, le incertezze e le inquietudini di cui è colma la loro giovane età. Forse, chissà, la poesia potrà aiutarle nel percorso di crescita e comunque mi piace pensare e sperare che possa essere così: questo incontro al buio, del resto, era un rinnovato invito a ricercare ciascuna la propria strada, che magari è differente da quella cui l’ambiente sembrava averle destinate.

Per me, l'incontro con la loro poesia, è stato un privilegio impagabile.


Ilaria

giovedì 21 gennaio 2016

Di nuovo sui banchi di scuola

Martedì pomeriggio eravamo nella scuola secondaria Severi di Arezzo per il primo incontro di “Scrivo di me”, un corso di aggiornamento sulla scrittura autobiografica, proposto dalla libreria nell’ambito del progetto dedicato a Roald Dahl. Il 23 febbraio le insegnanti incontreranno Silvia Vecchini, mentre la parte del corso curata dalla libreria ha riguardato la presentazione di una bibliografia sul tema.
Prezioso strumento per la nostra riflessione è stata la rivista Liber, nel cui numero Caro amico, mi scrivo, abbiamo rintracciato interventi critici molto centrati rispetto al percorso che volevamo proporre alle insegnanti. 
Nel suo intervento Caro diario, ti scrivo, Duccio Demetrio ci esorta a diventare “consulenti di scrittura” a percorrere strade meno battute e inconsuete per alimentare la passione autobiografica dei ragazzi, lasciando da parte remore e pregiudizi rispetto alle nuove forme di narrazione offerte dai social. Non accogliere la vitalità di queste nuove scritture equivarrebbe a sprecare un’occasione di entrare in connessione con l’immaginario giovanile.
Silvia Vecchini, scrittrice e poetessa, suggerirà alle insegnanti quali potrebbero essere le cornici entro cui strutturare laboratori di scrittura creativa in classe, noi abbiamo suggerito un percorso fra  diari, romanzi biografici ed autobiografici che possono aiutare i ragazzi e le ragazze ad avvicinarsi all’esperienza della narrazione si sé.
Dai diari di finzione opera di scrittori per ragazzi, come De Amicis, Vamba, Teresa Buongiorno, ai diari veri e propri, come quello di Anne Frank e di altri ragazzi che, ci dice Gabriela Zucchini, “di penna e coraggio armati”,  durante la seconda guerra mondial,e hanno messo su carta la loro storia. Ci auguriamo che sempre più ragazzi vadano a visitare l’Archivio del diario di Pieve Santo Stefano, a poco meno di un’ora da qua, dove potranno osservare dal vivo il diario/lenzuolo di Clelia Marchi e conoscere le altre vite di carta ospitate a Pieve.
Dai diari, siamo passati alla scrittura autobiografica e Roald Dahl ci ha, di nuovo,  ricondotto sui banchi di scuola, ed è proprio all’ esperienza drammatica e crudele vissuta in quegli anni che, secondo Antonio Faeti, dobbiamo ricondurre la poetica di Dahl, la sua diffidenza per il mondo degli adulti e la sua coerenza e sincerità profonda nel raccontare storie ai bambini.
Un libro abbiamo messo accanto a Boy, un’autobiografia di un altro grandissimo scrittore per ragazzi, Bernard Friot. Un altro me, pubblicato dalla casa editrice Topipittori (collana Gli anni in tasca), è un romanzo forte, dai toni cupi, una storia adolescenziale di solitudine, con un unico desiderio scomparire.  Ritorna l’esperienza del collegio, un mondo adulto distratto e distante, incapace di capire ed aiutare, e ritorna, soprattutto,  la consapevolezza che quegli anni hanno segnato il destino e il percorso di scrittore molto più di quello che si creda.
Autori come Dahl e Friot, grazie alla generosità del loro raccontarsi, ci fanno riflettere su quanto sia necessario, che gli adulti offrano ai ragazzi il racconto di sé bambini, mettendo a disposizione la traccia e la memoria di esperienze autentiche, specchi di carta in cui riflettersi ed indispensabili strumenti per crescere.

Elena, Anna, Barbara

lunedì 18 gennaio 2016

Disegnare la trama della propria vita


La spirale è il paradigma dell’evoluzione: questo simbolo grafico suggerisce dinamicità aprendosi (o chiudendosi) e ruotando verso l’alto o verso il basso intorno a un perno, a un centro.
Oggi, nel nuovo incontro di Diario di Volo, abbiamo usato la spirale come dispositivo autobiografico: sulla carta, lì in quel punto di rotazione, abbiamo posto l’inizio, l’origine della nostra vita e, naturalmente quella di Roald Dahl.

Dal centro, giorno della nascita, ognuna ha segnato nella propria spirale alcuni episodi, esperienze, incontri, emozioni e tutto ciò che ricorda tra quanto ha vissuto, fatto, imparato. 
Si registrano date, si tracciano simboli e semplici disegni in bianco e nero lungo un filo rosso ed ecco che allora, nel suo srotolarsi ed espandersi, ogni spirale diventa un racconto scritto e illustrato delle principali tappe dell’esistenza di ciascuna di noi. Fatti e accadimenti importanti che galleggiavano in uno spazio indefinito e sfocato, ora vengono riordinati e vanno a punteggiare tracciati creativi, si connettono secondo una precisa trama e danno luogo a composizioni estremamente originali.
La spirale di Dahl è completa e piena di eventi: inizia e finisce con la nascita e la morte dello scrittore e raccoglie innumerevoli episodi e aneddoti della straordinaria, avventurosa esistenza che scelse di vivere. Le nostre, invece, possono descrivere i principali ricordi fino ad oggi e poi devono necessariamente procedere nella direzione della ricerca, avventurarsi a esplorare il futuro, includere quindi qualche sogno e qualche speranza, lasciandoci la possibilità di immaginare possibili scenari per le storie che vorremmo vivere.

Potranno mai le nostre esistenze essere dense e interessanti come quelle di un personaggio come Roald Dahl? Certamente! Ognuna di queste ragazze ha qualcosa di importante da riferire e vale la pena che diventi protagonista di una storia da raccontare.

Ricercare e narrare le tappe fondamentali del proprio vissuto vuol dire organizzare una biografia personale dando senso alle esperienze e al proprio esistere e trovando nuove consapevolezze.
Immaginare il futuro significa cominciare a tracciare un progetto di sé, provando a prendere in mano il proprio destino.


Ilaria