lunedì 29 febbraio 2016

Legàmi


Nel percorso autobiografico è imprescindibile toccare il tema della famiglia: che sia presente o meno, che sia amorevole, manchevole, accogliente o oppressiva, è necessario dedicare almeno un breve capitolo alla relazione con i genitori e i familiari.
Mi piacerebbe ricostruire alberi genealogici che raccolgano ritratti, storie e aneddoti familiari, ma temo che per le ragazze di casa Thevenin possa essere troppo faticoso e doloroso. Mi serve, penso, un approccio al tema meno diretto, meno formale.
Mi viene in mente che nella nostra società la famiglia è un concetto fluido, che le relazioni familiari sono ricche di bisogni, desideri, antinomie e contraddizioni, che cambiano continuamente e che gli individui sviluppano strategie di adattamento per individuare e mantenere dei punti di riferimento. Considero i libri per bambini e ragazzi che raccontano la famiglia: pagine dense di adulti, bambini, animali antropomorfi, gruppi di individui di tanti tipi che scelgono di vivere insieme e in cui ogni lettore possa riconoscersi. 
Penso, allora, che invece di un albero genealogico potremmo realizzare una galleria di legami, applicando ed estendendo il concetto di famiglia allargata, ricostruita e dando alle ragazze la possibilità di scegliere chi includere, di ritrarre solo chi vogliono, comprendendo anche mentori e figure fatali, portate dal destino.
Le ragazze, però, potrebbero voler includere figure negative o figure vuote, perché anche quelle, per quanto dolorose, possono aver insegnato loro qualcosa. Mi serve un’idea che consenta di ritrarre queste persone, una specie di mezzo di trasporto che trasferisca significati e faciliti la narrazione.

In mio soccorso arriva Laurent Moreau con il suo straordinario La mia famiglia selvaggia (Orecchio Acerbo, 2014): giocando sulla somiglianza di carattere tra esseri umani e animali, l’autrice individua, illustra e descrive con precisione vizi e virtù dei familiari.

La mamma, per esempio, “è la più grande e la più bella. Un po’ timida, non le piace farsi notare”. 


Il papà: "estremamente peloso, a volte può essere feroce. Tranne durante le vacanze, quando si distende veramente".

Ironico e leggero, l’albo omaggia la straordinaria unicità dei familiari della protagonista, che pone se setssa a chiudere la galleria, non prima di aver inserito due figure fatali, elette a componenti preziose della sua superficie di relazioni: l’amica del cuore e l’innamorato.
Questi animali selvaggi in contesti quotidiani mi fanno tornare in mente anche Diritto alla famiglia (in Rime Raminghe, Salani, 2013), una bella poesia di Bruno Tognolini:

Se foste uccelli, amerei le vostre ali
Se foste cervi coi musi giocherei
Dite che gli uomini non sono tutti uguali
È proprio vero, perché voi siete i miei
E non m'importa se siete dieci o tre
Se siete ricchi o furbi o neri o strani
Quello che conta è che siete qui per me
E che svegliandomi, vi trovo anche domani.

Ecco, abbiamo percorso questa strada, quella di trovare indubbie analogie tra gli animali e una serie di persone con cui abbiamo dei legami significativi, narrando storie che si intrecciano alle nostre ma generando originali nuove trame.
La scelta suggerita da Laurent Moreau, nella sua semplicità, consente di raccontare la realtà, di comunicare senza negazioni, senza tabù, filtrando disagi. L’approccio che abbiamo usato offre la possibilità di descrivere le relazioni scegliendo attentamente parole e aggettivi, ma autorizza anche a metterle in discussione e a smentirne la stabilità. Ci vogliono due incontri, per riuscire a realizzare alcune gallerie tascabili complete: per qualche ragazza è estremamente faticoso. Però, dove possibile, emergono riflessioni assai profonde e sbocciano contenuti poetici che raccontano i nostri rapporti, la loro fragilità, il loro mutare nel tempo, la nostra percezione del mondo, la morte.


Ilaria

giovedì 25 febbraio 2016

Il gigante e la bambina

Oggi pomeriggio, alla scuola primaria Sante Tani, mi aspettavano i bambini della classe 5C. Ero particolarmente curiosa di incontrarli, perché il libro di Dahl che hanno letto e su cui hanno lavorato è Il GGG, il mio preferito in assoluto.
Questi bambini mi hanno subito conquistata: quando mi hanno visto arrivare con la valigetta che uso sempre per portare materiali, carte, cartoncini e altri tesori nelle scuole, mi hanno chiesto se fosse quella del Grande Gigante Gentile. Ad estasiarmi ha contribuito anche una speciale sorpresa della loro maestra, Laura Chisci, che si è procurata da un tappezziere dei preziosi tessuti, con i quali abbiamo arricchito le belle illustrazioni del nostro libro fatto a mano, che abbiamo intitolato Il Gigante e la bambina.
Quando sono arrivata a casa, nella mia valigetta dei tesori ho trovato la copia del GGG di Alessia, finita ovviamente lì per sbaglio quando a lavoro concluso abbiamo riordinato l'aula. Non ho potuto fare a meno di aprirla e dentro ho scoperto tanti appunti e annotazioni, frutto del lavoro svolto in classe con la maestra. Restituirò il libro ad Alessia nei prossimi giorni, ringraziandola per il piccolo sogno soffiato inconsapevolmente nella mia stanza.


Il GGG è un romanzo che sorprende. All’inizio l’atmosfera è misteriosa e cupa, hai quasi paura: quando appare il gigante e afferra Sofia non riesci a immaginare che cosa possa succedere e per un po’ pensi al peggio. Invece poi la storia inizia a far ridere e i due personaggi vivono insieme una straordinaria avventura.
Ci è piaciuto tanto il mondo dei giganti, i loro buffi nomi e il loro strano modo di parlare, che fa pensare a una lingua segreta.
Roald Dahl ci insegna che non bisogna giudicare le persone dal loro aspetto: il GGG sembra grandissimo e cattivo, ma tra i giganti è il più piccolo di statura ed è molto gentile. Sceglie di non essere come gli altri giganti e di collaborare con Sofia, che è un essere umano, perché sogna un mondo pacifico. Lui ama i bambini, non li mangia, anzi soffia sogni belli nelle loro stanze quando dormono. Soffia la felicità; forse, soffiando quei sogni, invita i piccoli proprio a continuare a riconoscere le cose belle, a non diventare, crescendo, cattivi come sono a volte gli adulti, che fanno le guerre.
I bambini della 5 C della scuola primaria “Sante Tani”

mercoledì 24 febbraio 2016

Una nuova vita per Matilde


Ieri ho incontrato la classe 5 A della scuola primaria Sante Tani. Ogni bambino mi ha mostrato il proprio quaderno speciale dedicato a Roald Dahl e a Matilde, il libro che hanno letto e su cui stanno lavorando insieme alla maestra Concetta Madonna: sono raccolte di riflessioni, disegni, spunti e suggestioni. Materiale utilissimo da cui partire per la realizzazione del libro fatto a mano, che contiene la narrazione delle vicende ma anche le voci dei personaggi e quelle dei bambini stessi.
Ilaria
Matilde è una bambina insolita, particolare: è precoce e impara a parlare e leggere quando è ancora molto piccola. Uno dei primi libri che legge è un volume di cucina e le sarà utilissimo per essere autonoma, cosa importantissima per lei che ha una famiglia così stravagante, con genitori che non la accudiscono. Va in biblioteca a piedi da sola e quando arriva a scuola ormai ha già imparato tutto. A scuola incontra la Spezzindue, che è cattivissima e ha uno sgabuzzino terribile dove rinchiude i bambini. Ma incontra anche la signorina Dolcemiele, una maestra con cui costruisce un rapporto speciale. Con la Dolcemiele sta bene, si diverte, tanto da scegliere di andare a vivere con lei e iniziare una vita nuova.Nella scuola che vogliamo non ci sono sgabuzzini come quello della Spezzindue. Noi per fortuna abbiamo come maestra una signorina Dolcemiele: con lei impariamo divertendoci.

I bambini della classe V A della scuola primaria "Sante Tani"

lunedì 22 febbraio 2016

Da cosa nasce cosa


Qualche giorno fa abbiamo conosciuto una nuova imprenditrice per la nostra galleria Ad occhi aperti: Franca Rizzo ha 57 anni, è madre di due figli ormai grandi ed è un’imprenditrice: si definisce soddisfatta e fortunata, perché fa un lavoro che le piace. Ha fatto qualche piccolo sacrificio ma, complessivamente, senza rinunce eccessive. Immedia è l’agenzia di comunicazione di cui è titolare: un’impresa dai mercati ampi, con un team, tra soci e creativi, di 16 professionisti che lavorano condividendo saperi, competenze e qualità umane in uno spazio dinamico, accogliente, dal sapore internazionale.
Nata in Calabria, da piccola Franca sogna di poter essere libera da quella cultura che chiude le donne del sud tra le pareti domestiche: vuole semplicemente andare via, studiare e costruire per sé un futuro più ricco e articolato di quello a cui le donne meridionali sembrano destinate. 
Poi la famiglia si trasferisce ad Arezzo: Franca ha 14 anni, va a scuola proprio come voleva e, dopo essersi diplomata, inizia a lavorare come ragioniera, con un posto a tempo indeterminato.
Un giorno, nell’agenzia di comunicazione in cui lavora occupandosi di conti e buste paghe, stanno cercando uno slogan. Succede che a Franca, che lavora con i numeri ma ama di più le parole, vengono in mente quelle giuste. Le dicono che ha talento: lei ha 21 anni, è ancora giovane e capisce che nella sua vita qualcosa deve cambiare. Decide di darsi una possibilità, di studiare e ascoltare il cuore: vuole lavorare nel mondo della comunicazione. Con un po’ di coraggio e molto sostegno da parte di chi ha intorno, inizia una nuova fase della sua vita: lascia un lavoro sicuro per realizzare nuovi sogni. 
È il 1981 ed è così che nasce Immedia, la sua agenzia di comunicazione.
Franca ci spiega che sicuramente i tempi erano diversi allora, che era un po’ più semplice, ma che i giovani oggi non devono scoraggiarsi: il carattere, le capacità personali e una formazione importante possono aiutarli a raggiungere le loro aspirazioni. "Seguire la propria strada è giusto, la passione - spiega - va coltivata: l’importante è mantenere i piedi per terra e, soprattutto oggi, essere concreti".
La formazione è la chiave per affrontare il futuro professionale e le sue sfide, il motore che consente di attuare il cambiamento.  

È anche per questo che Franca crede fortemente nel valore di Ife, il Comitato per l’Imprenditoria Femminile della camera di Commercio di Arezzo, del quale fa parte: le progettualità che nascono e si sviluppano all’interno del comitato si rivolgono agli studenti e forniscono loro la possibilità di acquisire conoscenze ed esperienze che sono il primo supporto concreto per ipotizzare una carriera di imprenditore o imprenditrice. 

L’incontro con Franca ci offre la possibilità di ricordare Bruno Munari, uno dei padri della grafica italiana, che fece della curiosità, della creatività e della sperimentazione il centro della sua vita e della sua arte e che con il suo metodo ispira anche i miei atelier.

Dalla fine degli anni Venti, Munari futurista si dedica alla grafica e alla pubblicità. Vale la pena qui ricordare le tavole che nel 1932 realizza per Il Cantastorie Campari, un’originale edizione pubblicitaria che raccoglie “27 figurazioni grafiche” per accompagnare poesie d’amore di Renato Simoni. 


Scrive a un amico:

Ecco: io ho fatto per Campari un importante lavoro e cioè una trentina di illustrazioni a colori futuriste per una sua ricca raccolta di poesie, più che illustrazioni sono interpretazioni, sugli amori, stampato alla cinese (doppia pagina) e rilegato con lo “spirablock” - te ne farò avere una copia purché tu voglia scrivere a CAMPARI – via manzoni 19 – milano – dicendo (cioè scrivendo) spett. ecc. ...ho visto il vostro ricco volume illustrato dal pittore Munari, sono un consumatore di campari.... desidererei averne una copia ….ecc. (il volume si chiama “il cantastorie di campari”) e ti verrà spedito ed offerto gratuitamente e sarà una cosa che ti farà piacere.
Scrivimi in merito e frattanto accetta cinquemila applausi.

Bruno Munari

Pubblicitario, designer, pittore, grafico, illustratore, editore e pedagogista, usa la sua poetica in tantissimi ambiti della comunicazione, cercando sempre di esprimere “quello che gli altri non vedono, ad esempio un arcobaleno di profilo”.

Munari è convinto che comunicazione e progettazione, ma anche creatività e arte, debbano avere una base concreta. Il suo spirito di progettazione si caratterizza per la ricerca di soluzioni semplici attraverso attività di sperimentazione, approfondimento, ampliamento delle proprie possibilità, sviluppo dei propri orizzonti e utilizzo delle proprie conoscenze. Per conoscere questo approccio si possono leggere, tutti editi da Laterza, Arte come mestiere (1966); Design e comunicazione visiva (1968); Fantasia (1977), Da cosa nasce cosa (1981).


I bambini sono stati sempre i suoi destinatari prediletti e a loro si è rivolto con leggerezza e intelligenza proponendo libri, libri-oggetto e giochi-per-pensare, incitandoli a usare curiosità, fantasia e cultura. La produzione di Munari dedicata ai più piccoli è enorme: invita a leggere, scrivere, disegnare, giocare, inventare.
Al centro della sua produzione per l’infanzia c’è il libro: opera d’arte, oggetto, gioco, sperimentazione, strumento privilegiato di comunicazione, di trasmissione di pensieri e, allo stesso tempo, magico alimentatore, perché fa nascere nuove idee in chi sfoglia le sue pagine.Negli anni Quaranta e poi negli anni Cinquanta, Munari lavora incessantemente a progetti audaci, che danno centralità all’immagine e all’invenzione grafica. Buchi, finestre e alette consentono ai bambini di esplorare la pagina e scoprire sorprese (Mai contenti, L’uomo del camion, Toc toc, Storie di tre uccellini e tutti i titoli della collana Mondadori I libri di Munari); varianti di libri e giochi invitano a imparare le lettere dell’alfabeto giocando (Abecedario, Alfabetiere, ABC con fantasia), carte e materiali differenti propongono esperienze sensoriali nuove (Nella notte buia, Nella nebbia di Milano), pagine illustrate e non rilegate, da sovrapporre, ispirano l’invenzione di storie personalizzate (Guardiamoci negli occhi, Tantagente, La favola delle favole).
Tutto è libro. Anche le istruzioni per l’uso e la pubblicità. Nel 1949 Munari progetta per Pirelli Meo, il gatto matto, un pupazzo realizzato in gommapiuma che - come poi Scimmietta Zizi nel 1953 - può assumere posizioni diverse grazie all’ossatura in fil di ferro contenuta all’interno. Il personaggio ispira una storia da racchiudere immancabilmente in un amabile libretto di 6,5 x 4,5 centimetri, che ha vita propria e che conquista quanto il giocattolo.


Nel 1972 cura per Einaudi la collana Tantibambini: libri con formato quadrato che raccontano storie brevi, con illustrazioni dai colori vivaci e prezzi davvero accessibili per raggiungere un ampio pubblico di lettori.
Il formato quadrato è il suo preferito ed è quello che sceglierà anche per i Prelibri del 1979: una collezione di dodici piccoli libri realizzati con materiali diversi - dalla carta alla stoffa, dalla plastica alla spugna - senza testo, pensati per bambini non sanno ancora leggere. 
La maggior parte dei libri in commercio di Munari e su Munari si trovano nel catalogo Corraini, che con questo autore collaborò per molti anni, legati dall’idea dell’editoria quale officina creativa e che dunque, oggi, ne salvaguarda e tramanda la pregiata eredità pedagogica e poetica.


Ilaria